image0 3Venerdì  28 gennaio 2022, in occasione della Giornata della Memoria, l’Istituto d’Istruzione Superiore Scientifico e Tecnico di Orvieto ha  consolidato lo speciale legame che da tempo lo lega al campo di sterminio di Ravensbrück con la cerimonia di piantumazione, nel giardino della scuola, della rosa Resurrection, una rosa del ricordo, ma anche un simbolo di lotta e di speranza, in memoria di tutte le donne di Ravensbrück. Un ibrido creato in Francia nel 1974, “una rosa simile a noi [...] che porterà al di là di noi la testimonianza. Tramanderà la nostra verità storica, la nostra volontà di lottare contro la dimenticanza, poiché sarà l’ultima a vivere nei giardini e davanti a tutti i mausolei”. Così diceva Marcelle Dudach-Roset,  sopravvissuta a Ravensbrück.

P1046176 minLa Dirigente scolastica, Lorella Monichini, Ambra Laurenzi, figlia della deportata a Ravensbrück  Mirella Stanzione, e due studenti, alla presenza di tutte le classi quinte e dei rispettivi docenti, hanno materialmente messo a dimora le rose nell’aiuola al centro del piazzale della scuola. Nello stesso luogo ha trovato spazio la rosa "Mme A. Meilland", anche nota come Peace. Questo fiore fu regalato a ogni delegato della conferenza di San Francisco che doveva fondare l'ONU. E così la rosa è diventata il simbolo della pace!

P1046172Una cerimonia semplice ma dal forte  valore simbolico: ricordare a tutte le generazioni che di lì passeranno che non potrà esserci pace senza memoria e senza pensiero profondo, coltivato con cura, questo il monito della Dirigente. Prima della piantumazione gli studenti hanno potuto ascoltare la sentita testimonianza di Ambra Laurenzi. La signora Laurenzi ha raccontato che Ravensbrück è stato un lager di cui si è parlato poco, forse perché più piccolo di altri, forse perché esclusivamente femminile. Di conseguenza, le donne che sono state costrette a patire tale orribile esperienza, una volta tornate a casa, furono trattate con condiscendente distacco, furono additate come mitomani, se non addirittura pazze o visionarie.

P1046120 minLa loro esperienza fu sottovalutata e presto dimenticata. Si può a malapena immaginare lo stato d’animo di chi, dopo aver vissuto un tale trauma, sconta, agli occhi degli altri, la colpa di essere sopravvissuta. Se lo scopo del lager era stato la spersonalizzazione e l’annientamento, si potrebbe dire che il campo ha continuato a funzionare nelle parole e nei gesti di chi non ha conosciuto o vissuto quella prigione. Queste donne si sono arrese per quasi cinquant’anni a quel muro che era stato costruito  intorno a loro, ancora una volta escluse. Solo dopo moltissimo tempo, comprendendo il peso della propria esperienza e il potere della loro testimonianza, hanno cominciato a raccontare di Ravensbrück.

Ma cosa è stata Ravensbrück? 

P1046140 minSe lo sono chiesti anche i nostri ex-compagni di due anni fa, e il 28 gennaio qui per loro c’era Edoardo Spinazzola, testimone di quel viaggio di istruzione al campo di  Ravensbrück, che con un sentito ricordo ha toccato tutti noi. Questi nostri compagni hanno avuto l’occasione di osservare e soprattutto immortalare quello che una volta fu il lager. Rapiti, confusi e toccati da questo luogo fatidico, ci hanno portato foto tanto emozionanti quanto significative. La memoria del  viaggio fatto due anni fa ha dato come frutto una mostra che attualmente è in esposizione nel nostro Istituto.

P1046214 minLa signora Laurenzi, Presidente del Comitato Internazionale di  Ravensbrück, ha poi donato alla scuola, per la sensibilità e il costante impegno nel testimoniare la memoria, un importante riconoscimento: una targa in vetro con incisa la rosa simbolo del campo; come ha spiegato la Presidente, “la trasparenza, affinché si possa vedere il passato e guardare al futuro”. Dopo questa giornata il messaggio che c’è stato donato è forte. È la vera e propria eredità di tutte quelle donne che non hanno più vissuto la libertà; in quanto eredi, noi nuove generazioni abbiamo il dovere di fare  tutto il possibile per proteggere, con le unghie e con i denti, quell’umanità già una volta profanata. Anche se non abbiamo commesso le atrocità avvenute in quel campo a nord di Berlino, diventeremo anche noi colpevoli nel momento in cui, avendo una voce, ci rifiutassimo di usarla. Non saremmo più innocenti dei carnefici se non ci opponessimo con forza contro le ingiustizie.

La memoria è un fiore delicato. Con il gelo, senza le dovute cure, appassisce. Per onorare tutte quelle madri, figlie, mogli, sorelle e lavoratrici che hanno vissuto l’orrido puro, dobbiamo coltivare questo fiore ogni giorno, con delicatezza, costanza, dedizione e sacrificio. 

Ricordiamo e ringraziamo, sempre.

 

Morgana Burli - 5S2