È questo lo slogan delle proteste in Iran scatenate dall’uccisione di Mahsa Amini, la ventiduenne curda morta a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa perché non portava il velo correttamente. Questo è anche il motto della nostra assemblea d’Istituto del 25 novembre 2022, giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Molto significativo è stato l’intervento della relatrice Darya Majidi, presidente dell’Associazione Donne 4.0, che ha come obiettivo il rispetto dei diritti delle donne soprattutto in ambito professionale, puntando a dare loro la forza e il coraggio di cui hanno bisogno per intraprendere percorsi che in passato sono stati appannaggio di soli uomini. La violenza si manifesta nelle piccole cose, ci ricorda Daya: quando una ragazza non può vestirsi come vuole, quando il tuo ragazzo ti controlla il social, quando vuoi uscire con le amiche e ti senti quasi in colpa, quando pensi al tuo futuro e ti dicono che no, una certa cosa non puoi farla perché sei una ragazza, quando cerchi di ottenere autonomia e indipendenza economica ma ti dicono che è meglio che lo stipendio lo porti a casa l’uomo.
Ai ragazzi Darya ha ricordato l’importanza di essere i primi a difendere le ragazze quando vedono atteggiamenti sbagliati in se stessi e nei loro compagni. Poi ha posto a tutti una domanda: “E se tutte queste violenze (il non potersi vestire come vuoi, viaggiare, lavorare, avere un cellulare, connettersi a internet), se tutto questo fosse vietato dallo stato? È proprio questo che sta accadendo in Iran. Qui le ragazze non hanno più la possibilità di vestirsi come vogliono, di cantare in pubblico, di viaggiare, di avere un conto corrente.
L’uccisione di Mahsa Amini ha scatenato una serie di proteste dei giovani, e la reazione del regime è stata fortissima. A questa ha fatto seguito una guerra mediatica che ha coinvolto non solo le donne iraniane ma anche quelle di tutto il mondo. Le ragazze hanno iniziato a fare dei video Tik Tok. Si sa, la tecnologia ci viene in soccorso, è chiave di visibilità, di condivisione, e Darya ci ha invitato ad andare su Tik Tok e diffondere le immagini, perché la speranza di queste giovani iraniane siamo noi, che non possiamo rimanere indifferenti. Ci ha invitato ad ascoltare la canzone “Baraye”, il cui testo è composto unicamente dai messaggi che gli iraniani e le iraniane hanno pubblicato sui social per la morte di Amini, va ascoltata, poiché racchiude il senso della protesta.
Darya Majidi ci ha detto che in Italia solo il 50% delle donne lavora, il che significa che il 50% delle donne in Italia deve andare da un uomo e chiedere il permesso di comprare qualcosa. Non avere un lavoro è la condanna a non essere autonoma e spesso le donne si vedono costrette a lasciare il lavoro quando diventano mamme, poiché non hanno molte alternative.
Darya ha concluso il suo intervento con queste parole: “Ragazze, lavorate! Applicate le 3 C: Competenze-Cuore-Coraggio. Studiate, studiate, studiate per avere le competenze giuste. Metteteci amore, cuore, passione in quello che fate. Abbiate coraggio. Voi maschi non adeguatevi allo stereotipo maschile. Non fate i macho ma siate coraggiosi, gentili, disponibili, capaci di parlare.”
Un altro intervento importante è stato quello di Rosella Scalone, imprenditrice digitale e presidente dell’associazione Save the women.
“Ho atteso che lui uscisse per riuscire a parlare con qualcuno, ho aspettato che lui uscisse ma non è successo, quando finalmente avrei potuto non ce l’ho fatta a chiamare davanti ai miei figli. Questo è accaduto molte volte. Poi lui un giorno è rientrato e è successo ciò che mai avrei sospettato, ma ormai era troppo tardi. In certe situazioni è un attimo.” MARTA C. - Savona
Questa è una delle tante testimonianze memorizzate dalla chatbot NONPOSSOPARLARE, ideata al fine di contrastare il rischio di violenza domestica, in un momento in cui le donne erano impossibilitate a mettersi in contatto con i centri antiviolenza durante la pandemia. Si tratta di un progetto rivolto alle donne che desiderano ricevere informazioni e supporto dai centri antiviolenza in modo discreto e soprattutto a persone che hanno difficoltà a comunicare, costrette a rimanere a casa con i propri partner psicologicamente o fisicamente violenti.
Il chatbot NONOPOSSOPARLARE consente di rispondere efficacemente a un numero illimitato di persone contemporaneamente, fornisce agli utenti supporto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in maniera anonima e non lasciando traccia. Non è un’app ma un chatbot, ci tiene a sottolineare Rosella. Rosella e Darya ci lasciano con un monito importante: siamo paladini della libertà, dobbiamo stare attenti a tutto quello che ci circonda. La violenza si può insinuare in una coppia, in un’amicizia, in uno stato. Quando vediamo che c’è qualcosa che non torna dobbiamo denunciare.
Aurora, Gaia, Livia e Noemi - classe 4S1