Venerdì 22 e sabato 23 Aprile, un gruppo di undici ragazzi, di cui faccio parte, ha preso parte al convegno Svuotare gli arsenali, costruire la pace, presso il Centro Studi Città della Scienza (Bagnoli, Napoli): il primo incontro di questo genere svoltosi in Italia, dal titolo già di per sé emblematico: infatti, si sono trattati temi quali il disarmo nucleare, la scienza al servizio della società per contribuire a instaurare la pace, il pericolo rappresentato dalle armi autonome e molto altro. Tra i partecipanti figuravano l’Unione Scienziati per il Disarmo, L’Università di Pisa, l’Orientale di Napoli, la Pugwash Conference, la Cooperativa Sociale Dedalus. Già nel 1947, Albert Einstein scriveva: “We scientists recognize our inescapable responsability to carry to our fellow citizens an understanding of the simple facts of atomic energy and its implications for society”, un messaggio che è valido ancora oggi e che sarà valido per sempre, poiché soltanto la consapevolezza e la conoscenza che derivano dalla scienza sono strumenti validi per il raggiungimento della pace e l'eliminazione di tutte le barriere e le discontinuità tra i popoli.
Ma andiamo per ordine: l'incontro si è aperto con l'intervento di Vittorio Silvestrini - scienziato e divulgatore, nonché fondatore di Città della Scienza - il quale ha brillantemente esposto la storia, di questa struttura nata con lo scopo di diffondere sapere, capacità di pensiero e scienza, patrimonio fondamentale e acquisibile dalla società. Fin dalle prime iniziative di “Futuro Remoto” alla fine degli anni '80, si discuteva sul tema del consumo energetico, non finalizzato al miglioramento della qualità della vita ma soltanto al perseguimento di lussi futili, nelle mani di minoranze. Fin da allora l'obiettivo era quello di ridimensionare il consumo e rivedere la scala dei valori, al fine di mettere in atto un sistema energetico sostenibile attraverso l'utilizzo di risorse rinnovabili. Silvestrini ha affermato che per raggiungere la pace non è sufficiente soltanto il disarmo, ma è necessario anche non avere più la motivazione nel costruire le armi, diminuendo le disparità nella qualità della vita delle popolazioni.
All'incontro era presente anche Paolo Cotta Ramusino, fisico e segretario generale delle Pugwash Conferences on Science and World Affairs, organizzazione non governativa nata nel 1957 per mano di Joseph Rotblat e Bertrand Russell, al cui manifesto collaborò anche Albert Einstein. Questa organizzazione ha lo scopo di sostenere la compatibilità dello sviluppo scientifico con l'equilibrio pacifico internazionale. Cotta Ramusino ha parlato delle armi nucleari, le cui modalità d'uso non erano facili da stabilire durante la guerra. Ci fu anche un tentativo, fallito, di arginarne l'utilizzo bellico, ma che contribuì a creare una interazione tra scienza e politica che prima non esisteva. Al momento nel mondo sono presenti circa 20.000 testate nucleari, di cui 15.000 nelle mani di Stati Uniti e Russia, dunque esiste ancora un rischio nucleare, che può degenerare sia in nuovi conflitti, sia nella trasformazione di conflitti già in atto in nucleari. Nonostante la relazione tra conflitti, ostilità e armi di distruzione di massa sia mutata nel tempo, e il numero delle testate sia diminuito, lo sviluppo tecnologico di queste armi e la sicurezza degli arsenali testimoniano che il pericolo è ancora presente, e a questo contribuisce la non esistenza di una legge o una convenzione che ne proibisca l'uso (o almeno la proliferazione). È pertanto assolutamente necessario muoversi in questa direzione.
Sono seguiti altri interventi molto interessanti, tra cui quello di Luigi Mascilli Migliorini, il quale ha tracciato in modo brillante la prospettiva storica; quello di due rappresentanti di Senzatomica, una campagna che ha lo scopo di generare consapevolezza sulla minaccia delle armi nucleari, del segretario nazionale di USPID (Unione degli Scienziati Per Il Disarmo) Diego Latella e di un rappresentante della cooperativa sociale Dedalus, che si occupa di immigrazione e di assistenza agli emarginati.
La chiusura della prima giornata di lavoro è spettata a noi: abbiamo esposto la nostra proposta di una carta per i diritti dei migranti ambientali, un tema molto attuale e che ha bisogno di soluzioni immediate ed efficaci; un lavoro nato in occasione di Orvietoscienza, realizzato con l'aiuto dei professori Riccetti e De Ninno, nonché dell'antropologo Emilio Berrocal e dello scrittore, accademico e politico Valerio Calzolaio. È stato un grande onore per noi ricevere l'invito da parte di Pietro Greco e poter esporre il risultato del nostro lavoro a delle personalità di così alto livello e sensibili a questo tema.
La seconda giornata si è aperta con l'intervento di docenti e di alcuni studenti dell'Università di Pisa, che hanno presentato il corso di Laurea in Scienze per la Pace che frequentano. In seguito Telmo Pievani, filosofo della scienza e docente all'Università di Padova, ha parlato di un lavoro nato all'interno di Science for Peace, il progetto venuto alla luce su iniziativa di Umberto Veronesi per la diffusione della cultura di pace e per la riduzione delle spese militari a favore della ricerca. Si trattava di aggiornare la Dichiarazione di Siviglia dell'UNESCO sulla violenza del 1986, nata con lo scopo di contestare alcune (presunte) scoperte biologiche usate per giustificare la violenza e la guerra. Dopo alcune ricerche, il gruppo di Pievani è giunto a tre conclusioni: in primo luogo, la guerra come attività di gruppo intenzionale e programmata sembra essere una invenzione legata alla transizione neolitica e ai cambiamenti che ha portato con sé, ovvero la sedentarizzazione e la conseguente difesa del proprio territorio; in secondo luogo, è emersa l'importanza degli studi etologici, dai quali si evince che i comportamenti pro-sociali sono un importante risultato dell'evoluzione. Nonostante questo però, l'uomo non è né buono né cattivo per natura, bensì è un essere ambivalente e contraddittorio: per questo motivo la scelta tra comportamenti pacifici o aggressivi non dipende soltanto dall'evoluzione biologica ma anche da quella culturale. Pertanto, nessun appello alla natura può eliminare la responsabilità delle nostre scelte, e l'abolizione della guerra non è un atto contro natura, ma qualcosa di possibile.
Inoltre, sono intervenuti anche il giornalista e scrittore Giovanni Sabato, che ha parlato di diritti umani e scienza per la pace; Carlo Schaerf, fisico e fondatore della ISODARCO (che si occupa di conflitti e disarmo) il cui intervento ha trattato del legame tra gli scienziati e la guerra nella storia del genere umano e degli argomenti a favore e contrari rispetto alle armi nucleari; Moctar Touré, vice presidente della TWAS, un'associazione che si occupa della diffusione della scienza e del finanziamento della ricerca nei paesi in via di sviluppo, il quale ha esposto le ragioni per cui la lotta alla fame è un aspetto legato imprescindibilmente alla sicurezza e alla pace, e Anne-Marie Bruyas, a capo delle relazioni e dei progetti internazionali di Città della Scienza, la quale ha parlato di cittadinanza attiva e dialogo fra i popoli. La giornata si è conclusa con l'intervento di Guglielmo Tamburrini, che si è occupato dell'aspetto etico delle armi autonome, le quali pongono in modo urgente il problema di un controllo umano significativo e di una discussione sulla loro messa al bando.
Noi siamo molto felici di aver partecipato attivamente a un incontro di tale importanza: è stata una esperienza interessante e formativa, che ci ha permesso di riflettere su un tema così delicato come la pace; un tema che nel corso del tempo ha assunto delle sfumature diverse, e che ognuno concepisce in modo soggettivo, a volte sbagliato. Noi riteniamo che una condizione pacifica mondiale, o almeno una diminuzione dei confilitti, si possa raggiungere soltanto grazie alla demolizione delle barriere, all'accettazione e alla comprensione del “diverso”, a uno spirito di fratellanza, al rispetto dell'ambiente e ovviamente grazie alla ricerca scientifica, che non deve essere utilizzata per scopi bellici ma deve essere trasparente, patrimonio universale e destinata alla creazione di nuova conoscenza. Pertanto auspichiamo che tutti, prima o poi, colgano l'insegnamento di Einstein e di tutti coloro che si sono mobilitati per l'eliminazione della guerra, al fine di svuotare finalmente gli arsenali e di costruire la pace.
Ma andiamo per ordine: l'incontro si è aperto con l'intervento di Vittorio Silvestrini - scienziato e divulgatore, nonché fondatore di Città della Scienza - il quale ha brillantemente esposto la storia, di questa struttura nata con lo scopo di diffondere sapere, capacità di pensiero e scienza, patrimonio fondamentale e acquisibile dalla società. Fin dalle prime iniziative di “Futuro Remoto” alla fine degli anni '80, si discuteva sul tema del consumo energetico, non finalizzato al miglioramento della qualità della vita ma soltanto al perseguimento di lussi futili, nelle mani di minoranze. Fin da allora l'obiettivo era quello di ridimensionare il consumo e rivedere la scala dei valori, al fine di mettere in atto un sistema energetico sostenibile attraverso l'utilizzo di risorse rinnovabili. Silvestrini ha affermato che per raggiungere la pace non è sufficiente soltanto il disarmo, ma è necessario anche non avere più la motivazione nel costruire le armi, diminuendo le disparità nella qualità della vita delle popolazioni.
All'incontro era presente anche Paolo Cotta Ramusino, fisico e segretario generale delle Pugwash Conferences on Science and World Affairs, organizzazione non governativa nata nel 1957 per mano di Joseph Rotblat e Bertrand Russell, al cui manifesto collaborò anche Albert Einstein. Questa organizzazione ha lo scopo di sostenere la compatibilità dello sviluppo scientifico con l'equilibrio pacifico internazionale. Cotta Ramusino ha parlato delle armi nucleari, le cui modalità d'uso non erano facili da stabilire durante la guerra. Ci fu anche un tentativo, fallito, di arginarne l'utilizzo bellico, ma che contribuì a creare una interazione tra scienza e politica che prima non esisteva. Al momento nel mondo sono presenti circa 20.000 testate nucleari, di cui 15.000 nelle mani di Stati Uniti e Russia, dunque esiste ancora un rischio nucleare, che può degenerare sia in nuovi conflitti, sia nella trasformazione di conflitti già in atto in nucleari. Nonostante la relazione tra conflitti, ostilità e armi di distruzione di massa sia mutata nel tempo, e il numero delle testate sia diminuito, lo sviluppo tecnologico di queste armi e la sicurezza degli arsenali testimoniano che il pericolo è ancora presente, e a questo contribuisce la non esistenza di una legge o una convenzione che ne proibisca l'uso (o almeno la proliferazione). È pertanto assolutamente necessario muoversi in questa direzione.
Sono seguiti altri interventi molto interessanti, tra cui quello di Luigi Mascilli Migliorini, il quale ha tracciato in modo brillante la prospettiva storica; quello di due rappresentanti di Senzatomica, una campagna che ha lo scopo di generare consapevolezza sulla minaccia delle armi nucleari, del segretario nazionale di USPID (Unione degli Scienziati Per Il Disarmo) Diego Latella e di un rappresentante della cooperativa sociale Dedalus, che si occupa di immigrazione e di assistenza agli emarginati.
La chiusura della prima giornata di lavoro è spettata a noi: abbiamo esposto la nostra proposta di una carta per i diritti dei migranti ambientali, un tema molto attuale e che ha bisogno di soluzioni immediate ed efficaci; un lavoro nato in occasione di Orvietoscienza, realizzato con l'aiuto dei professori Riccetti e De Ninno, nonché dell'antropologo Emilio Berrocal e dello scrittore, accademico e politico Valerio Calzolaio. È stato un grande onore per noi ricevere l'invito da parte di Pietro Greco e poter esporre il risultato del nostro lavoro a delle personalità di così alto livello e sensibili a questo tema.
La seconda giornata si è aperta con l'intervento di docenti e di alcuni studenti dell'Università di Pisa, che hanno presentato il corso di Laurea in Scienze per la Pace che frequentano. In seguito Telmo Pievani, filosofo della scienza e docente all'Università di Padova, ha parlato di un lavoro nato all'interno di Science for Peace, il progetto venuto alla luce su iniziativa di Umberto Veronesi per la diffusione della cultura di pace e per la riduzione delle spese militari a favore della ricerca. Si trattava di aggiornare la Dichiarazione di Siviglia dell'UNESCO sulla violenza del 1986, nata con lo scopo di contestare alcune (presunte) scoperte biologiche usate per giustificare la violenza e la guerra. Dopo alcune ricerche, il gruppo di Pievani è giunto a tre conclusioni: in primo luogo, la guerra come attività di gruppo intenzionale e programmata sembra essere una invenzione legata alla transizione neolitica e ai cambiamenti che ha portato con sé, ovvero la sedentarizzazione e la conseguente difesa del proprio territorio; in secondo luogo, è emersa l'importanza degli studi etologici, dai quali si evince che i comportamenti pro-sociali sono un importante risultato dell'evoluzione. Nonostante questo però, l'uomo non è né buono né cattivo per natura, bensì è un essere ambivalente e contraddittorio: per questo motivo la scelta tra comportamenti pacifici o aggressivi non dipende soltanto dall'evoluzione biologica ma anche da quella culturale. Pertanto, nessun appello alla natura può eliminare la responsabilità delle nostre scelte, e l'abolizione della guerra non è un atto contro natura, ma qualcosa di possibile.
Inoltre, sono intervenuti anche il giornalista e scrittore Giovanni Sabato, che ha parlato di diritti umani e scienza per la pace; Carlo Schaerf, fisico e fondatore della ISODARCO (che si occupa di conflitti e disarmo) il cui intervento ha trattato del legame tra gli scienziati e la guerra nella storia del genere umano e degli argomenti a favore e contrari rispetto alle armi nucleari; Moctar Touré, vice presidente della TWAS, un'associazione che si occupa della diffusione della scienza e del finanziamento della ricerca nei paesi in via di sviluppo, il quale ha esposto le ragioni per cui la lotta alla fame è un aspetto legato imprescindibilmente alla sicurezza e alla pace, e Anne-Marie Bruyas, a capo delle relazioni e dei progetti internazionali di Città della Scienza, la quale ha parlato di cittadinanza attiva e dialogo fra i popoli. La giornata si è conclusa con l'intervento di Guglielmo Tamburrini, che si è occupato dell'aspetto etico delle armi autonome, le quali pongono in modo urgente il problema di un controllo umano significativo e di una discussione sulla loro messa al bando.
Noi siamo molto felici di aver partecipato attivamente a un incontro di tale importanza: è stata una esperienza interessante e formativa, che ci ha permesso di riflettere su un tema così delicato come la pace; un tema che nel corso del tempo ha assunto delle sfumature diverse, e che ognuno concepisce in modo soggettivo, a volte sbagliato. Noi riteniamo che una condizione pacifica mondiale, o almeno una diminuzione dei confilitti, si possa raggiungere soltanto grazie alla demolizione delle barriere, all'accettazione e alla comprensione del “diverso”, a uno spirito di fratellanza, al rispetto dell'ambiente e ovviamente grazie alla ricerca scientifica, che non deve essere utilizzata per scopi bellici ma deve essere trasparente, patrimonio universale e destinata alla creazione di nuova conoscenza. Pertanto auspichiamo che tutti, prima o poi, colgano l'insegnamento di Einstein e di tutti coloro che si sono mobilitati per l'eliminazione della guerra, al fine di svuotare finalmente gli arsenali e di costruire la pace.
Desirée Sensi